
Mi son detto: ‘Ora voglio provare
ogni specie di piacere e di
soddisfazione’.
Ma tutto mi lasciava sempre
un senso di vuoto. Qoelet 2,1
Siamo liberi da un’idea moralistica del piacere? Secondo me no, non del tutto. Mi concedo una porzione di profiterole, un paio sandali superflui, il riposino dopo pranzo: qualche volta mi sento in colpa, come se avessi violato qualche norma morale, come se le sensazioni piacevoli fossero un peccato. L’atteggiamento è: “Sì lo so che non dovrei, ma trasgredisco”.
Non demonizzo il piacere, ma non sono neanche edonista. Non si può vivere come trapezisti, sospesi nel vuoto mentre si passa o si tenta di passare da un piacere all’altro. Mi riferisco però ai piaceri effimeri. Il piacere è legato alla vita; cibo, sonno, movimento, sessualità: le attività necessarie alla sopravvivenza e alla riproduzione sono piacevoli. Non solo quelle: una passeggiata nel verde è piacevole e ha un altro senso, perché fa bene; è così anche parlare con un amico: fa bene al cervello e risponde alle profonde esigenze di relazione tra esseri umani. I piaceri migliori, secondo me, sono quelli che hanno un senso. Forse qui si potrebbe trovare un aggancio tra la felicità e il piacere: sono legati tra loro, ma decisamente non coincidono.
Ascolterò con piacere altre opinioni.